8° seminario
La politica urbanistica del liberalismo
prof. Silvio Boccalatte - Università degli Studi di Genova e IBL
21 marzo 2014 - Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro
Da più di un secolo i cittadini e gli studiosi sembrano essersi unanimemente convinti che il territorio sia una risorsa la cui gestione debba essere controllata dall’operatore pubblico: i dibattiti che si sviluppano a livello accademico e, ancor di più, sul piano politico sembrano animati solo dalla necessità di trovare il punto cui si possa spingere lo Stato nella regolamentazione dell’uso del suolo. La proprietà immobiliare è completamente soggetta al controllo pubblico sia per favorirne la sua “funzione sociale” sia per evitare che i privati possano da essa trarre “indebite” rendite di posizione; i privati non possono scegliere se costruire su un proprio terreno e, men che meno, cosa costruire su di esso, mentre è addirittura scontato che le infrastrutture debbano essere realizzate dagli operatori pubblici.
Di fatto, l’unica vera alternativa sembra essere quella tra un controllo del territorio che sfoci nell’esproprio, o che graziosamente lasci un qualche spazio di manovra al privato, specie se ben “collegato” alle volontà dei decisori comunali. In questa dinamica scientifica e politica il pensiero liberale è da decenni in retroguardia, incapace di elaborare un’alternativa lucida e schietta, solo impegnato ad arginare e tamponare i furori espropriativi di stampo socialista, ma senza risultati significativi e, soprattutto, senza contrapporre un qualche progetto coerente. Il pensiero liberale in materia di urbanistica, insomma, dimostra tutta la sua sudditanza culturale al collettivismo.
Eppure l’alternativa liberale non deve essere disegnata da chissà quale scuola di pensiero: basta solo anallizzarla e studiarla senza pregiudizi. È l’esperienza delle comunità volontarie, cioè modelli di agglomerati urbani in cui l’assetto dei rapporti tra le persone deriva da norme di diritto privato e in cui lo Stato resta solo sullo sfondo, non occupandosi direttamente di urbanistica. Alle nostre orecchie queste frasi possono suonare come utopiche, eppure negli Stati Uniti d’America ben 57 milioni di individui, cioè circa un sesto della popolazione locale, vive in realtà di questo tipo, che sono organizzate attraverso le più svariate forme private: dal condominio all’associazione, dalla fondazione alla società. Il massimo comun denominatore è costituito dall’assenza di un’autorità comunale: non vi sono vincoli di reddito o di ricchezza per farne parte, perché, come nella migliore tradizione dell’ordine spontaneo di mercato, si sviluppa un’offerta per tutte le tasche. Né vi sono limiti culturali: le comunità volontarie possono esistere ed esistono anche al di fuori degli Stati Uniti. L’approfondimento scientifico di questi modelli consente di riconoscere come dagli stessi si possa trarre spunto per alcune importanti riforme nel nostro Paese, ma permette anche di tracciare curiosi paralleli con piccole realtà italiane già esistenti, le quali dimostrano come si possibile immaginare già ora cittadine in cui l’intervento dello Stato sia meramente sussidiario.
Il prof. Silvio Boccalatte si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Genova nel 2002 e nello stesso Ateneo ha conseguito nel 2007 il dottorato di ricerca in Diritto, con indirizzo Metodi e Tecniche della Formazione e della Valutazione delle leggi. è research fellow dell’Istituto Bruno Leoni dal 2006 ed è avvocato dal 2007. è membro del Centro Studi ANACI e consulente dell’Associazione della Proprietà Edilizia. Per l’Istituto Bruno Leoni si occupa dello studio delle politiche di liberalizzazione e di riassetto normativo; tra le sue principali pubblicazioni si possono ricordare “La proprietà e la legge. Esproprio e tutela della proprietà nell’ordinamento giuridico italiano”, Rubbettino-Facco, 2004, e “La motivazione della legge. Profili teorici e giurisprudenziali”, Cedam editore, 2008. Cura la rubrica Focus per la rivista Liber@mente.