9° seminario
La giustizia come equità. Il pensiero politico di Jonh Rawls
prof. Alberto Scerbo - Università Magna Graecia di Catanzaro
18 marzo 2011 - Università Magna Graecia di Catanzaro
 
 
 
La concezione della giustizia come equità si propone di mettere insieme i due grandi termini del vocabolario politico della tradizione democratica o liberale - democratica, vale a dire libertà e uguaglianza, e di pervenire all'equilibrio migliore fra quanto richiesto dalla libertà e quanto richiesto dalla eguaglianza. È una concezione politica e non metafisica, la quale, in una democrazia costituzionale moderna, si applica alle “strutture di base”, intendendo per queste ultime le principali istituzioni politiche, sociali ed economiche di tale società, e il modo in cui si adattano l’una all’altra all’interno di un sistema unificato di cooperazione sociale. Essa è indipendente da ogni dottrina religiosa o filosofica. Il che significa che i principi della giustizia politica non possono appellarsi a dottrine religiose e filosofiche "comprensive" (che custodiscono ognuna una propria verità) , ma devono basarsi su verità chiare, ampiamente accettate (oggi) dalla generalità dei cittadini o ad essa accessibili. La più articolata e compiuta elaborazione di siffatta concezione si deve a Jonh Rawls , il quale inserisce un concetto essenziale: nessun cittadino, o associazione che lo raggruppi, ha il diritto di usare il potere statale per decidere gli elementi costituzionali essenziali (i poteri dell'esecutivo, del legislativo e del giudiziario; la regola della maggioranza; il diritto di voto, la libertà di coscienza, di pensiero e associazione, la protezione del governo dalla legge) secondo i dettami della sua dottrina comprensiva. In altri termini, per fare in modo che permanga continuativamente nel tempo una società giusta e stabile di cittadini liberi ed eguali (che restano profondamente divisi da dottrine religiose, filosofiche e politiche), Rawls introduce l'idea di "consenso per intersezione", secondo la quale i principi di giustizia, per l'ambito del politico, si radicano nello "spazio di intersezione" delle dottrine comprensive . La giustizia come equità rappresenta il nucleo del principio di neutralità liberale applicato alla varietà di dottrine comprensive (con tutto il loro portato di prospettive e di concezioni) "inevitabilmente presenti" in una società democratica. Un esempio, illuminante a riguardo, è quello dei giudici, i quali, in particolare, non possono invocare la propria morale personale, le proprie idee religiose o filosofiche, né richiamarsi a valori politici, ma devono fare appello a quei valori politici (costituzionali) che esprimono il modo più ragionevole di intendere i valori politici di giustizia e di ragione pubblica. La loro responsabilità civile e, per estensione, anche quella di ogni altro cittadino, deve fondarsi sui canoni della ragionevolezza e della razionalità . Il giudizio che il giudice formula ed il principio cui il cittadino si ispira, devono richiamarsi alla concezione politica che combina i valori della giustizia e della ragione pubblica. Se, quindi, la democrazia tutela la varietà più ampia di dottrine elaborate dagli individui e non ha alcun diritto di intervenire nei loro riguardi, la dottrina ha l'obbligo, pena la sua soppressione, di non negare l'autorità politica (l'espressione della democrazia stessa). .
 
Il prof. Alberto Scerbo è professore ordinario di Filosofia del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro,dove insegna anche Teoria e tecnica della normazione e dell’interpretazione. Ha pubblicato, oltre a numerosi saggi, Felice Battaglia. La centralità del valore giuridico (ESI 1990), Tecnica e politica del diritto nella teoria del processo (Rubbettino 2000), Giustizia Sovranità Virtù (Rubbettino 2004) e Istituzionalismo giuridico e pluralismo sociale (Rubbettino 2008). Ha curato insieme a Massimo La Torre Una introduzione alla filosofia del diritto (Rubbettino 2003) e insieme a Massimo La Torre e Marina Lalatta Costerbosa Questioni di vita o morte (Giappichelli 2007). Per Rubbettino è co-curatore, con Massimo La Torre, della collana “Res Publica”, per la quale ha curato La dichiarazione dei diritti sociali di Georges Gurvitch (2004). È coautore del volume Prospettive di filosofia del diritto del nostro tempo (Giappichelli 2010).