8° seminario
Le ragioni dell'ecologia:
perché la libertà economica è amica dell'ambiente

prof. Carlo Stagnaro - Istituto Bruno Leoni
12 marzo 2010 - Università Magna Graecia di Catanzaro
I problemi ambientali sono spesso stati interpretati come fallimenti del mercato. Ed è comunemente diffusa l’opinione, che sta alla base tanto del movimento ecologista tradizionale quanto della legislazione ambientale nella gran parte del mondo, che le ragioni dell’ecologia siano incompatibili con quelle dell’economia, o con la logica del profitto. L’immagine dell’industriale senza scrupoli che, pur di aumentare gli utili, è disposto a spandere veleni è quasi un cliché cinematografico. È questo un assunto che poggia su una serie di apparenti presupposti economici, tra cui che le risorse siano finite e che, dunque, esistano dei limiti fisici alla crescita. Né spiega un fatto molto banale ovverosia che ad essere inquinate sono, normalmente, risorse di proprietà pubblica, o comunque fortemente regolamentate. L’aria, le acque, le discariche abusive non sono quasi in mani private. In realtà, tale approccio deriva da una palese incomprensione del funzionamento dei mercati, i quali – se lasciati liberi – hanno esattamente lo scopo di “amministrare la scarsità”. Infatti, i prezzi di mercato sono indicatori di scarsità: quando salgono indicano una scarsità crescente di una data risorsa e inducono gli agenti economici ad aggiustare il loro comportamento, consumandone meno o cercando alternative. Lo stesso ragionamento si può applicare alle risorse ambientali in senso lato: qualità dell’aria, dell’acqua e dei suoli, ecc. L’aspetto cruciale, allora, è quello di definire chiaramente dei diritti di proprietà sulle risorse ambientali, in modo che il mercato possa conseguirne l’allocazione e il livello di sfruttamento “ottimi”. La proprietà privata è, infatti, da un certo punto di vista, una forma particolarmente efficiente di regolazione degli accessi, mentre un contesto di mercato, nel quale siano possibili gli scambi, consente all’interesse di lungo termine dell’attore economico (conservare una risorsa in buono stato, per garantirsi un reddito o un beneficio immateriale futuro) di prevalere su quello di breve (“spolpare” le risorse prima che lo facciano altri). Purtroppo, gran parte delle politiche ambientali ignorano questo aspetto, prediligendo osservazioni di breve termine, e rischiano di sortire risultati opposti a quelli desiderati.
Il prof. Carlo Stagnaro è direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni. Ingegnere per l’Ambiente e il Territorio, ha conseguito il dottorato di ricerca in “Economics, Markets, Institutions” presso IMT Alti Studi – Lucca. Dal 2007 cura il rapporto annuale dell’IBL, “Indice delle liberalizzazioni”. Fa parte della redazione delle riviste “Energia” e “Aspenia”. E’ membro del Comitato scientifico del Festival dell’Energia, della Fondazione Umberto Veronesi, e del Corso di Alta Formazione in Energy Finance organizzato da Politecnico di Milano-MIP-GSE. E’ autore di diverse pubblicazioni sulle politiche energetiche e ambientali e i processi di liberalizzazione. Il suo ultimo libro è “Il mercato del gas naturale” (2009), con prefazione di Alessandro Ortis. Scrive regolarmente per i quotidiani Il Foglio, Libero e Il Secolo XIX.