2° seminario
La teoria dell'imprenditorialità
prof. Enrico Colombatto - Università degli Studi di Torino
6 febbraio 2015 - UMG Catanzaro, facoltà di >Giurisprudenza
Secondo una definizione generale, la funzione imprenditoriale coincide con l’azione umana.  In questo senso, si potrebbe affermare che esercita la funzione imprenditoriale qualsiasi persona che si attiva per modificare il presente e conseguire i suoi obiettivi nel futuro. A prima vista, questa definizione potrebbe sembrare eccessivamente ampia.
Tuttavia è opportuno tenere conto che la stessa corrisponde ad una concezione dell’imprenditorialità sempre più elaborata e studiata dalla scienza economica e, inoltre, è pienamente conforme con significato etimologico originale del termine impresa.  Esso, infatti, deriva dal latino in prehendo (endi – ensum), che significa scoprire, vedere, percepire, rendersi conto di, afferrare. L’espressione latina in prehensa chiaramente comporta l’idea di azione, nel senso di acquisire, prendere, afferrare.Insomma, impresa è sinonimo di azione ed è legato necessariamente ad una inclinazione imprenditoriale, che consiste nel tentare continuamente la ricerca, la scoperta, la creazione o il rendersi conto di nuovi fini e medi. L’attività esercitata dall’imprenditore consiste pertanto nello scoprire e valutare le opportunità che si presentano nell’ambiente circostante per conseguire un fine o, se si preferisce, per ottenere un profitto o un beneficio.
L’imprenditore è il protagonista dell’economia di mercato, è colui che coglie le opportunità che altri avevano trascurato e rende possibile la definizione di nuove produzioni.
Come sottolineato da Israel M. Kirzner, l’atto imprenditoriale non deve tanto essere identificato nella invenzione di ciò che prima non esisteva o, fino a quale punto, esisteva, ma non era noto; quanto nel “vedere” realtà già presenti, ma ancora non percepite da altri imprenditori come opportunità di crescita e di benessere. Ne consegue che il profitto non può essere inteso come remunerazione delle capacità esecutive e organizzative dell’imprenditore, capacità che, a ben vedere, sono tipiche del manager. Né come remunerazione del rischio, che riguarda invece i fattori produttivi. Al contrario, il profitto remunera l’abilità dell’imprenditore nel percepire gli errori altrui e, dunque, le opportunità di miglioramento. È indubbio che il profitto si materializza solo quando si realizza l’attività d’impresa, cioè la vendita di una merce o di un servizio; ma in realtà tale grandezza si riferisce a un atto avvenuto ancora prima, poiché l’atto imprenditoriale precede - e non accompagna - l’attività imprenditoriale. Questo atto d’impresa è definito “scoperta imprenditoriale” ed il profitto remunera, quindi, la scoperta imprenditoriale creatrice di reddito per la collettività.

Il prof. Enrico Colombatto si è laureato in Economia e Commercio all'Università di Torino nel 1977, ha ottenuto un Master in Scienze economiche alla London School of Economics nel 1978 e un Ph.D. nella medesima scuola nel 1983. Professore ordinario di Politica Economica nella Facoltà di Economia dell’Università di Torino, è direttore dell'International Centre for Economic Research (ICER). Ha insegnato e svolto attività di ricerca presso diverse università, tra cui Paris II, Aix Marseille III, Stanford, Northwestern. I suoi attuali interessi di ricerca riguardano temi di metodologia, economia internazionale, crescita e sviluppo, economia istituzionale. Tra i suoi ultimi lavori: “L’economia di cui nessuno parla” (IBL Libri, 2015). Il 26 agosto 2011, a Roccelletta di Borgia (CZ), ha ricevuto il Premio Internazionale Liber@mente 2011.