5° seminario
James M. Buchanan e la teoria della scelta pubblica
prof. Alberto Scerbo - Università "Magna Graecia" di Catanzaro
26 febbraio 2015 - UMG Catanzaro, facoltà di Giurisprudenza
La public choice (teoria della scelta pubblica) è un’interpretazione assai vasta e sistematica della scienza delle finanze, che sconfina in una vera scienza dell’economia pubblica. Essa mira, tra l’altro, a stabilire per il mercato politico quel genere di leggi di funzionamento, che la scienza economica ha già stabilito per il mercato privato. Le burocrazie pubbliche tendono a massimizzare non già l’output mal’input, cioè l’impiego di fattori produttivi a parità di prodotto; la teoria della pubblica scelta evidenzia, dunque,l’asimmetria tra le entrate pubbliche, prevalentemente fiscali e a carico di tutti i cittadini, e le spese pubbliche che possono andare a vantaggio di ristretti gruppi della popolazione. La public choice può anche considerarsi un approccio alla scienza politica su basi economiche, che si è affermata sul finire degli anni Cinquanta negli Stati uniti d’America.
Uno degli autori più profondi in materia, e il più rappresentativo esponente della teoria della Public Choice, può considerarsi l’economista statunitense James M. Buchanan (1919 - 2013), premio Nobel per l’economia nel 1986. Autore di numerose opere, tra le quali è degna di menzione: “Il calcolo del consenso”, scritto insieme a Tullock. Il lavoro rientra a pieno titolo nel novero di quelli che hanno valore fondativo, nel senso che rendono produttivo un terreno mai esplorato, un’area di confine tra discipline diverse. Lo stesso si occupa dell’organizzazione politica di una società di uomini liberi, benché la sua metodologia derivi essenzialmente dall’economia. Al centro dell’attenzione è il calcolo razionale degli individui allorché occorre scegliere le prime regole della convivenza democratica, ovvero i suoi fondamenti costituzionali, sulla base dei quali verranno prese tutte decisioni successive. Buchanan si è definito così: «Dal punto di vista professionale rimango un economista. Rimango un individualista, un contrattualista, un costituzionalista, un democratico, termini che significano la stessa cosa».
Ne “La democrazia in deficit”, Buchanan e Wagner, suo allievo, si sono occupati del tema nodale per le democrazie contemporanee, quello dell’indebitamento pubblico crescente, legittimato dalla distruzione da parte di Keynes del principio del pareggio annuo del bilancio. L’eredità politica keynesiana ha generato tre effetti devastanti: il ricorso al debito, l’inflazione e l’espansione crescente del settore pubblico che hanno ristretto gli spazi di libertà individuale. La soluzione in una democrazia in deficit è eliminare il deficit e non certo la democrazia.
Nel volume: “I limiti della libertà”, l’economista parte da una posizione di individualismo democratico per cui “ogni uomo conta per uno” e le scelte sono giudicate buone nella misura in cui consentono agli individui di realizzare quel che vogliono con i limiti dell’accordo reciproco. Egli individua i fondamenti ultimi dell’ordine sociale e dei suoi equilibri politici nel “contrattualismo costituzionale”, che stabilisce le reciproche limitazioni dei diritti individuali attraverso regole e istituzioni consensualmente scelte in base alla loro utilità. La proposta riformista avanzata consiste nella “ridefinizione consensuale dei diritti e delle rivendicazioni individuali”che ponga limiti all’assolutismo statale, alla rendita burocratica e politica, all’espansione della spesa pubblica e alla corrispettiva crescita del prelievo fiscale, e si avvicini a quell’idea di “anarchia regolata” in cui possano esistere “rapporti liberi tra uomini liberi”.
La conclusione cui perviene Buchanan è esemplificata in questa sua affermazione: «Sono giusti quei principi che derivano dall’accordo unanime fra gli uomini che fanno parte di un sistema, in cui ciascuno si pone dietro un velo di ignoranza circa quale sarà la sua posizione dopo la stipulazione del contratto. Nessun individuo conta più di un altro, e nessun precetto di giustizia è definito al di fuori del sistema contrattuale teorico».

Il prof. Alberto Scerbo laureatosi con lode presso l’Università degli Studi di Pisa, è professore ordinario presso l’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, ove è titolare della cattedra di Filosofia del Diritto. Sempre presso il medesimo ateneo è anche docente di Filosofia del diritto, Teoria e tecnica della normazione e dell'interpretazione, Filosofia politica e Etica. È autore di numerose pubblicazioni, tra le quali: Diritti, Procedure, Virtù (Giappichelli editore, 2005), Pace Guerra Conflitto nella società dei diritti (Giappichelli editore, 2009), Prospettive di filosofia del diritto del nostro tempo (Giappichelli editore, 2010). Ha partecipato come relatore a numerosi convegni nazionali e internazionali. Il 22 agosto 2014, a Pizzo (VV), ha ricevuto il Premio Internazionale Liber@mente 2014 - VI edizione